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CIVITAQUANA: BREVI CENNI STORICI

 

Civitaquana compare nella storia nell’anno 883 quando la sua quarta parte è in mano dei Benedettini di S. Angelo di Galbanico (presso Loreto) nella Contea di Penne. I ritrovamenti archeologici, per lo più occasionali, sembrano avvalorare le storie leggendarie che collocano, in questa zona, un’antichissima città romana, ricca di acque incanalate in imponenti opere idrauliche. Le tracce di due cisterne scavate sotto la piana di Colle Quinzio confermerebbero l’interpretazione del toponimo spiegato come “città dell’acqua”. Il Castello, che in origine gravitò nell’orbita delle grandi abbazie viciniori, registra la presenza di due illustri feudatari: Sordello da Goito che lo ebbe nel 1269 da Carlo I d’Angiò e, molto più tardi, la famiglia Leognani Fieramosca.

Nei documenti più antichi il suo nome appare come Civitas Quana (883), Civitas Cana (1194) e Civitas Aquana (1309). La seconda parte del toponimo “Aquana” interpretata come “divinità delle acque” (aquanus = ex aquis) sembra in qualche modo collegata direttamente o indirettamente con opere idrauliche di una certa importanza, grosse cisterne ed antichi acquedotti sotterranei rinvenuti per lunchi tratti anche fuori del suo territorio.
Nel centro storico sorge la bella Chiesa di Santa Maria delle Grazie, nata su una precedente costruzione imperiale, di cui recupera qualche materiale di spoglio collocato nella torre campanaria, come dipendenza di Casanova, nella seconda metà del XII secolo. L’edificio, che rappresenta una tipica espressione di architettura lombarda, a pianta basilicale a tre navate concludenti in absidi semicircolari, è interamente costruito in laterizio. L’insieme anche per il misurato gioco di luci spioventi dalle rare monofore ha un aspetto severo e raccolto. Alcuni elementi decorativi, come i resti di un affresco rappresentante San Martino, una lastra raffigurante un enigmatico personaggio assiso in trono e la cappella gentilizia dedicata a San Rocco, completano il monumento.
La leggenda colloca a Civitaquana lo svolgimento di una delicata storia d’amore, di epoca medioevale, tra Enzerio signore del luogo e Giolica, fanciulla di grande bellezza che però la madre aveva segregato nella torre di Gironda, situata sul fiume Pescara , dove lo  sfortunato amante cadde annegato nel tentativo di scalare la torre per liberare la prigioniera.

 

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